martedì 2 aprile 2013

Le sei neonate

 Ormai siamo agli sgoccioli, le 12 originarie torneranno a breve (penso metà aprile) dalle loro madri in montagna. Questa è la loro seconda primavera e sono abbastanza mature da poter affrontare il clima montanaro, almeno in teoria.

Nel frattempo le 6 ghiande raccolte lo scorso autunno hanno germogliato, e decisamente bene (guardate la foto a destra, è quella più sviluppata). All'inizio temevo non sarebbero nate in quanto la terra si era ricoperta di una qualche muffa dovuta al fatto che avevo ricoperto i vasi col cellophane, ma al contrario dell'anno scorso quest'inverno è stato molto più umido e caldo, quindi non sarebbe servito. E invece...

La parola alle fotografie.
Prima
Adesso





 Mi è stato regalato anche un secondo ulivetto che andrà a fare compagnia all'altro.
 Le 12 non hanno ancora tirato fuori le foglie, sebbene si vedano chiaramente le gemme, al contrario di pruni e noci che sono già belli infogliati.






giovedì 24 gennaio 2013

La non violenza nella società della sovrabbondanza

Ed eccoci di nuovo qua, mi scuso vivamente per la mia assenza, ma un po' per lo studio, un po' per mancanza di voglia mi sono completamente dimenticato del blog. Comunque, non ci sono grandi novità dalle quercette, le infanti hanno perso le foglie (calvizie precoce!) e devo ancora mettere le foto dei nuovi vasi inghiandati. Ad ogni modo non è questo ciò di cui voglio parlare oggi, anzi diciamo che voglio lasciar parlare un brano tratto dal libro La Fine è il mio Inizio di Tiziano Terzani che penso valga la pena di leggere, in quanto insegna molto. Il testo è in forma dialogica in quanto sono sono le trascrizioni dei discorsi tra Tiziano ed il figlio Folco prima della morte del padre.

Si sta parlando della non violenza gandhiana.

Folco: La sua è una non violenza estremamente attiva. Va capito che non 
è il non agire, non è il non fare la guerra. E’ il fare qualcos'altro. 
E’ una forma attiva di digiuno, di non partecipazione, di rinuncia a 
quello che gli altri hanno da offrire al fine di indebolirti. Non puoi 
combattere il sistema degli altri e allo stesso tempo comprare le loro cose.

Tiziano: Esattamente. Questa storia della non violenza è così mal capita 
ancora oggi. I non violenti sono quelli che si fanno tirare le pacchine. 
Ma per essere non violenti occorre una formazione più difficile che per 
diventare paracadutisti, ed è quello che ancora oggi non si riesce a 
dare. Ti ho raccontato la storia di Halal Khan che aveva messo in piedi 
un esercito di centomila guerrieri armati di bastoni?

Folco: Non violenti?

Tiziano: Non violenti. Quando arrivavano gli altri, mettevano i bastoni 
per terra e si facevano picchiare. Però, che esempio morale! Ma vedi, 
non si insegna questo, non se ne parla. Le scuole non fanno che la 
storia degli eroi e dei conquistatori. Alessandro Magno: “magno” perché 
ha massacrato migliaia di persone nell’Asia centrale? Forse era anche 
uno simpatico ai suoi tempi, giovane, conquista il mondo. Ma conquistare 
cosa vuol dire? Vuol dire uccidere, prendere la roba degli altri.
Tutto questo dovrebbe essere messo in discussione. L’educazione dovrebbe 
cominciare con l’insegnare il valore della non violenza, che ha a che 
fare poi con tutto: con l’essere vegetariani, col rispettare il mondo, 
col pensare che questa terra non te l’han data a te, che è di tutti e tu 
non puoi impunemente metterti a tagliare e a fare buchi.. Il guaio è, 
secondo me, che tutto il sistema è fatto in modo che l’uomo senza 
neppure accorgersene, comincia sin da bambino a entrare in una mentalità 
che gli impedisce di pensare qualsiasi altra cosa. Finisce che non c’è 
nemmeno più bisogno della dittatura ormai, perché la dittatura è quella 
della scuola, della televisione, di quello che ti insegnano. Spegni la 
televisione e guadagni libertà.
Libertà. Non ce n’è più. Io lo continuo a ripetere non siamo mai stati
così poco liberi, pur nella apparente enorme libertà di comprare,
di scopare, di scegliere fra i vari dentifrici, fra quaranta mila automobili,
fra i telefonini che fanno anche la fotografia. Non c’è più la libertà di essere chi sei. 
Perché tutto è già previsto, tutto è già incanalato e uscirne non è 
facile, crea conflitti. Quanta gente viene riggettata dal sistema, viene 
emarginata perché non rientra nel modello? E San Francesco? E tutti gli 
altri? Tutti matti perché non andavano a fare quello che bisognava fare 
a quei tempi? No, no diversi! Persone che con la loro diversità hanno 
indicato che un modo di essere diversi è possibile. Pensa a San 
Francesco, sarà stato simpatico ai suoi tempi?
E' questa benedetta storia della libertà! Noi oggi ce la siamo ridotta 
immensamente, tanto che finiamo per vivere solo ai margini della nostra 
libertà a causa di tutto ciò che è automatico nel nostro modo di 
pensare, di reagire, di fare le cose. Questa è la grande tragedia. E le 
scuole oggi non sono fatte per insegnare ai ragazzi a pensare, sono 
fatte per insegnare ai ragazzi a sopravvivere, per insegnar loro cose 
con cui poi trovano un posto in banca. Equando ne esci sei condizionato. 
Ripeti dei modelli prestabiliti. Non è che molto facilmente ti inventi 
qualcosa. L'uomo ormai è succube dell'economia. Tutta la sua vita è determinata
dall'economia. [...]
Occorrono nuovi modelli di sviluppo. Non solo crescita, ma parsimonia. 
Vedi, Folco, io dico che bisogna liberarsi dei desideri. Ma proprio per 
il perverso sistema del consumismo la nostra vita è tutta centrata su 
giochi, sport, mangiare, piaceri. Il problema è uscire da questo circolo 
vizioso: una cosa dopo l'altra dopo l'altra. Porca miseria, questo ti 
impone dei comportamenti che sono assolutamente assurdi. Tu non vuoi 
certe cose ma il sistema del consumismo ti convince, ti seduce a 
volerle. Tutta la tua vita dipende da quel meccanismo. Se invece cominci 
a non parteciparvi resistendo, digiunando, allora è come se usassi la 
non violenza contro la violenza. La violenza che ci fa alla fine? Mica 
te la possono cacciare in gola, la roba!


Allego anche un paio di video per capire la grandiosità del personaggio, per chi non lo conoscesse.




lunedì 19 novembre 2012

Alberi Monumentali: La Quercia delle Streghe



E’ pressoché riconosciuta da tutti come la Quercia più bella d’Italia. Si trova nelle vicinanze di Gragnano, frazione di Capannori (LU).
Deve il suo nome al fatto che, secondo la leggenda, sopra i suoi rami smisurati le streghe fossero solite tenere i loro sabba. Il loro continuo viavai, avrebbe causato i loro contorcimenti.
Oggi si sta affermando un altro nome: “La quercia di Pinocchio”, a causa della vicinanza a Collodi, paese natale dell’autore di Pinocchio; essa verrebbe identificata come la pianta sotto la quale il burattino avrebbe nascosto i suoi zecchini.
La quercia detiene un altro primato, in ambito nazionale, oltre quello della bellezza, ed è quello relativo al diametro della chioma, che risulta essere il più ampio  fra tutte le querce d’Italia. Esso si estende per 39 metri lungo l’asse maggiore e 37 sul minore.
Non è ben chiaro a quale specie appartenga. Molti la definiscono farnia, ma le cupole delle sue ghiande sono identiche a quelle del cerro, pur essendo sicuro che cerro non è, per l’aspetto della corteccia e delle foglie. Quasi certamente si tratta di un ibrido.
Circa l’età, erano stati ipotizzati 600 anni, ma oggi è più opportuno propendere per la metà di questa cifra. Infatti, misurata nel 1980, la sua circonferenza fu di m. 3,93 divenuti oggi 4,50. I 57 cm di sviluppo in 32 anni, farebbero appunto pensare a una vita non superiore ai 300 anni. Tre secoli, tuttavia, densi di avvenimenti, gran parte dei quali raccontati dal suo proprietario di 30 anni fa, l’avvocato Giovanni Carrara.
La pianta – raccontava l’avvocato – è stata fatta sempre oggetto di visite, di singoli privati ma anche di scolaresche. Fu proprio una di queste, all’inizio del secolo scorso, a far perdere alla quercia uno dei suoi  lunghi rami, spezzato da un gruppo di bambini che vi si erano appesi per divertirsi come su una estemporanea altalena: da qui, il fatto che lungo l’asse est-ovest la larghezza della pianta sia minore.
Nel periodo fra le due guerre la quercia venne attaccata dalla “lupa”, una malattia che provoca il marciume dei tessuti legnosi; debitamente curata dai proprietari, la pianta guarì.
Il più grave rischio alla sua esistenza la quercia lo corse durante l‘ultimo conflitto nel corso del quale un reparto corazzato tedesco, sfruttando l’estensione e il rigoglio della chioma, vi nascose i suoi carri armati all’osservazione aerea alleata. Andando via, il comandante tedesco avrebbe voluto abbatterla per rifornirsi di legname. Qualche organo di stampa ha provato a lanciare la leggenda che il tedesco abbia receduto dal proposito per le proteste dei contadini del posto. E’ da sperare che questa leggenda non prenda piede, proprio per la sua inverosimiglianza. Ve li immaginate, col clima che c’era, dei contadini che si scagliano contro dei mostri d’acciaio dotati di mitragliatrici e cannoni, armati di forconi? O un comandante tedesco che si lascia intimorire da quelli? Molto più semplicemente, la madre dell’avvocato Carrara conosceva bene il tedesco, e le fu così facile spiegare all’ufficiale il valore monumentale della pianta e l’opportunità di abbattere altre querce, ma non lei.
Un capitolo intero, nella storia della quercia, andrebbe dedicato alle attenzioni ad essa dedicate dai media. Per citare i libri: già protagonista di “Toscana, cento alberi da salvare”, la Quercia delle Streghe  venne inserita fra i 300 alberi più monumentali d’Italia nell’omonima pubblicazione del Corpo Forestale, per poi tornare in “Gli alberi monumentali della Toscana”. Troupes televisive e giornalisti si danno il cambio attorno al suo fusto. Di recente una  pittrice si è stabilita nella casa adiacente e le dedica molta parte dei suoi lavori. La stessa pittrice è testimone di episodi toccanti che avvengono fra i visitatori e la pianta. Tempo fa, ella vide un vecchio che, con il nipotino, era venuto a farle visita e le parlò con queste parole: “Sai, io sono di Pisa. A novant’anni ci sono arrivato. Vengono da tutto il mondo a vedere una torre, che l’hanno fatta pure storta, e non vengono a vedere una meraviglia come te!”.


martedì 13 novembre 2012

La Madre

Questa che vedete qui al lato è la querciona da cui ho preso 5 delle 6 ghiande che ho invasato quest'anno (di cui metterò le foto appena possibile). Bella, vero?

domenica 11 novembre 2012

Alberi Monumentali: La Quercia Perigé


Non si mai abbastanza vecchi da non poter coltivare ambizioni. Ce lo insegna la vecchia quercia “Pierigè”, dall’alto dei suoi 350 anni. Il parroco di Avenale, frazione di Cingoli (MC), don Primo Squadroni, fece suonare le campane quando, nel 1982, seppe che – a seguito delle mie ricerche – era risultato che la bellissima quercia, di proprietà della parrocchia, vantava il primato della chioma più ampia delle Marche: 35 metri di diametro! Nei giorni successivi, attorno alla quercia fu un viavai di giornalisti e troupes televisive. Il contadino che l’aveva in custodia (Pierigè, appunto), gongolava di soddisfazione, nel declamare a tutti le prodezze della quercia che l’aveva visto nascere. Il primato veniva poi ufficializzato con l’uscita del mio “Marche, cinquanta alberi da salvare”.
Trascorrevano gli anni: 5-10-15-20… 25 anni! E’ ora di rifare quel vecchio e ormai introvabile libro. Ripercorro di nuovo tutta la regione ma, dopo un quarto di secolo, ben 16 dei miei vecchi 50 amici non ci sono più.
Rivedo il maestoso cedro di villa Simonetti, a Osimo il quale, nel quarto di secolo trascorso, ha portato l’estensione della sua chioma da 31 a 36 metri: novo primato regionale.
Qualche giorno dopo sono di nuovo davanti alla quercia “Pierigè”. Dopo 25 anni, sembra ancora più bella di prima. Tuttavia, mi sento quasi in imbarazzo, come colui che ha una brutta notizia da comunicare e non trova le parole: chi glie lo dice ora, a questa bella signora, che qualcuno le ha strappato il primato della chioma più ampia della regione?
Come d’abitudine, quasi distrattamente rilevo le nuove misure e, incredibile! La fettuccia si allunga a dismisura e alla fine spara una cifra impressionante: 37 metri!
Che nessun cedro si permetta di passare avanti a questa nobile signora!
Da dietro la capanna che tiene compagnia alla casa colonica, si sente il cigolio di una ruota metallica che si avvicina; da dietro l’angolo spunta il vecchio Pierigè che spinge una vecchia carriola. C’è ancora lui, almeno 85enne. Non ci poteva essere persona più adatta, per ricevere la notifica della conferma del primato della quercia che aveva sentito i suoi primi vagiti, 85 anni prima!
[Valido Capodarca]

domenica 4 novembre 2012

Nuove ghiande



Appena tornato dalla montagna, sono stati due giorni molto proficui. Io e Sara (la mia consorte) abbiamo raccolto più di un centinaio di ghiande (come potete vedere dalla foto qui sopra) dal sentiero su cui avrebbero fatto una brutta fine e le abbiamo sotterrate qua e là nel bosco, dove c'erano degli spiazzi o dei punti dove potrebbero crescere indisturbate le eventuali querce.
Il tutto è stato fatto con la supervisione di Osvaldo (il gattone in foto), che sperava che gli dessimo del cibo.
Ne ho approfittato inoltre per raccogliere queste 6 ghiande da invasare. Le 5 più piccole sono state prese da una querciona che avrà si e no un secolo che si trova in mezzo ad un campo coltivato.

giovedì 1 novembre 2012

Alberi Monumentali: Quercia di Arlena



Era da tanto tempo che Renzo Stucchi, proprietario dell’Agriturismo La Piantata di Arlena di Castro (VT) desiderava costruire una casa su un albero. Avendo sui terreni l’albero adatto, si rivolse a una ditta francese per l’effettuazione dei lavori. Mai avrebbe pensato che le difficoltà maggiori gli sarebbero derivate dalla burocrazia. Infatti, chi doveva  rilasciare i relativi permessi non sapeva che pesci prendere. Ovvio che non esistesse, in Italia, nessuna normativa. Tuttavia, una volta costruita la casa, le attese non andarono deluse. Nonostante il prezzo non certo popolare (360 euro per dormire una notte sopra la quercia) in breve il signor Renzo ebbe tante di quelle richieste da avere l’agenda delle prenotazioni riempita per i sei mesi successivi. E’ curioso il modo in cui vengono serviti i pasti. I clienti non vengono neppure disturbati nella loro intimità. La colazione viene “issata” mediante una carrucola alla quale è agganciato un cesto; della stessa carrucola si servono i clienti per far scendere ciò che deve essere sparecchiato.
Un grosso tubo che dalla piattaforma scende fino a terra serve a trasportare verso e dalla casa tutto ciò che serve al suo impiego: acqua, elettricità, gas, ecc.
Attorno, per diversi ettari, il terreno è una, unica, distesa di lavanda, che viene coltivata dall’azienda e usata per la fabbricazione di un’essenza profumata. All’epoca della fioritura lo scenario, ma soprattutto il profumo, sono qualcosa che fa inebriare.
A prescindere dalla storia della casa, la quercia ha anche una sua storia personale. Essa sorge in mezzo a un cumolo di grandi massi e le sue radici affondano in mezzo ad essi. E’ probabile che la pianta debba proprio a questi massi la sua sopravvivenza. E’ facile pensare che in passato ci fossero numerose altre querce nei paraggi, che vennero eliminate per  far posto alle colture. La difficoltà, per le loro dimensioni, a spostare quei massi, fece sì che quella zona venisse esclusa dalle coltivazioni.
E’ stato tale il successo dell’iniziativa, che subito dopo, il signor Renzo fece costruire una seconda casa, su un pino posto accanto agli edifici dell’azienda. Questa volta, tuttavia, stante la differenza di capacità fra pino e quercia, la casa non è stata costruita sull’albero, ma a fianco dello stesso, sostenuta da pali.
[Valido Capodarca]